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Stelle di Carta e Strenne di Natale - terza parte

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STELLE DI CARTA E STRENNE DI NATALE
(poesia, libri, arte, musica)
(terza parte)

“..Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine..” (Giacomo Leopardi – ‘Le ricordanze’)

“..E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono …” (Giacomo Leopardi – ‘Canto di un pastore..’)

¶ «Tutti gli esseri umani per natura amano guardare il cielo stellato. Lo considerano uno degli spettacoli più belli e commoventi che si possano contemplare e in effetti, l’osservano estasiati da migliaia e migliaia di anni, forse da quando la specie si è eretta sulle sue gambe. (..) Filosofia, scienza e poesia provengono dal medesimo impulso, la ‘meraviglia’: è una fede che condividono, millenni dopo, il persiano al-Qazwini, Dante, Kant ed Eisenstein, (..) parlando di ‘stupore’ come stordimento d’animo, di ‘rapimento’» (Pietro Boitani, “Il Grande Racconto delle Stelle” - Il Mulino 2012).
È forse giunto il tempo per noi di tornare a scrutare la volta stellata alla ricerca d’una qualche cometa di passaggio che sia messaggera di ‘pace’, o anche solo di una speranza nuova che sia foriera di solidarietà e di fiducia, portatrice di una maggiore convinzione nella fratellanza e nella pace fra i popoli tutti, nell’affermazione di quella “Pacem in Terris” auspicata nell’Enciclica di P.P. Giovanni XXIII nel 1963, il cui messaggio non mi stancherò mai di ribadire:

«Ogni essere umano ha diritto alla libertà di movimento e di dimora all’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consigliano, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi con esse. Per il fatto di essere cittadini di una determinata comunità politica, nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di membri, alla stessa famiglia umana; e quindi l’appartenenza, in qualità di cittadini, alla comunità mondiale.»

Pur non essendo questo un articolo di astronomia ed ancor meno di astrologia, come è detto nel titolo, rivolgo qui lo sguardo alle stelle, benché di carta, cartonate o in brossura che siano, in breve, ai molti libri che pur nel loro distinto silenzio, offrono al lettore attento qualche istante di luminosità. Nello specifico ai libri di ‘poesia’ sempre più bistrattati e tenuti in disparte, nel luogo più recondito delle librerie, mentre dovrebbero far bella mostra di sé addirittura sui tavolini nei salotti delle case, in ragione dell’essere portatori di luce e più spesso di verità …

“La poesia è vita che rimane impigliata in una trama di parole. Vita che vive al di fuori di un corpo, e quindi anche al di fuori del tempo”. (Sebastiano Vassalli “Amore lontano - 2005).

Quanti di noi sfogliando un qualsiasi libro (romanzo o saggio che sia), hanno trovato una frase che nella sua essenza ha colpito la sua sensibilità? Quanti hanno trovato nella ‘poesia’ un rifugio sicuro alla propria emotività, o che, talvolta senza accorgersene, hanno trovato quelle parole che mai avrebbero pronunciato, e che gli hanno permesso di esprimere un sentimento come l’amore, ad esempio? Quanti hanno trovato nella ‘poesia’ una frase che fosse di conforto alla loro solitudine o, alla loro incertezza di vivere cui neppure la filosofia ha saputo dare una risposta? La filosofia in sé non da risposte ma aiuta, mentre la ‘poesia’ sprona a cercare nel marasma dei silenzi, come nelle parole e nei suoni, ma anche nei colori e nelle linee dell’arte, quel quid necessario ad addolcire l’amaro che s’accumula nel tempo, nei giorni e negli anni del quotidiano vivere e che, inesorabilmente, segnano la vita di ognuno. Acciò anche desiderare, sperare, illudersi, finanche sognare e amare, altro non sono che i segni tangenti di un fare ‘poesia’ che travalica le soglie di quell’ ‘infinito’ cui tendiamo; quell’eternità cui l’essere umano da sempre anela, solo perché non gli è data. Sta nel principio effimero delle cose il destreggiarsi umano nel mare della follia che lo coglie, allora anche nella vaga luminosità delle stelle può mostrarsi la ‘soglia’ che induce alla fede in un aldilà di serenità e di pace. L’anelito è di bellezza cui solo la poesia sa come rendere omaggio.

¶ Come in questo ‘canto’ in cui la poetessa Amina Narimi recupera l’ancestrale pulsante essenza del nascere alla vita:

“Eravamo lievi,
accovacciati sui nostri sessi primitivi
come giovani fiori verso l’alba
illuminando l’intorno di erba verde
del rosso acceso dalle nostre ombre,
nella lingua semplice di uccelli,
e tanta rena nei palmi delle mani,
di tutto un cielo su, verso la vita.
Adesso che respiro, ora che salti
dentro ogni più piccola voce,
adesso che siamo fradici di luce
come fanno i caprioli quasi in cima,
stiamo nascendo, Noi ? Con le tue dita
se alzi il bordo sotto i fili d’erba
le ali ripiegate intorno al seno
si levano davanti ai nostri occhi
così a lungo. E silenziosamente,
candidi, nel buio
ripeteremo insieme ogni poesia,
con ogni gesto immaginato negli stretti
un largo d’aria disegnerà una promessa,
fra l’oro della polvere e il salgemma.
. . .
Più di ogni altra cosa
ci saremo inginocchiati,
pronunciando grazie, lucidi d’amore,
e, sottilissimi, sapendo di pregare
uno spazio per il fiato,
benedetto.”

Tratta da ‘Nel bosco senza radici’ –raccolta di Amina Narimi, Terra d’Ulivi Editore 2015.


Ma che ne è della ‘poesia’, dov’è finita? – mi chiedono in molti, alcune delle molte risposte giunte sono qui di seguito riportate:

¶ “Leggiamo poco la poesia, come mai? A mio parere è così perché la poesia è difficile, richiede impegno da parte del lettore. Eppure, può essere molto gratificante…” – scrive Piera Rossotti Pogliano editrice - che ha deciso di offrire tutti i titoli della collana ‘Poësis’ a solo 99 centesimi. “È il nostro piccolo regalo di Natale” – aggiunge, avvertendo che l'offerta degli ebook di poesia insieme a molte edizioni in formato cartaceo, è valida su tutti i webstore, sia sul sito specifico (EEE per gli amici) www.edizioniesordienti.com , dal quale è spedita senza spese aggiuntive”:
“Leggendo un romanzo, possiamo anche distrarci, interrompere la lettura, c'è una storia con una trama da seguire, è più facile e rilassante. Non è così per la poesia: il lettore deve essere attivo, esercitare tutte le sue capacità di penetrazione, di analisi, e nello stesso tempo essere pronto a lasciarsi andare all'emozione. In un'intervista del giornalista Jules Huret, del 1891, Mallarmé, accusato di essere "oscuro", risponde che esiste sempre il rischio che l'oscurità derivi dal lettore o dal poeta, ma che non si può barare, ci vuole impegno nel poetare e nel leggere poesia.
Se un lettore di media intelligenza e preparazione letteraria apre a caso un libro di poesia e pretende di goderne, c'è un malinteso di fondo: deve esserci sempre enigma in poesia - ed è questo, del resto, l'unico scopo della letteratura - ossia quello di "evocare". Certo, Mallarmé aveva un sogno penso irrangiungibile, ossia quello di voler isolare l'essenza della poesia, di scrivere poesia allo stato puro, l'utopia di voler scrivere poesia che non contenesse altro che poesia, ma questo porta verso il nulla estetico. Il fatto che il lettore debba mettersi in gioco quando legge poesia, è una profonda verità, ed è un impegno che ha la sua ricompensa. Fare poesia è usare il linguaggio verbale come materia, come un pittore usa il colore, uno scultore la creta o il marmo, un orafo l'oro. Il linguaggio è la materia più difficile, senza alcun dubbio. Oro, tubo di colore, marmo ecc. sono oggetti puramente materiali, attraverso i quali esercitare la propria creatività. Il linguaggio è una materia molto più complicata, porta con sé migliaia di anni di evoluzione dell'uomo, se ci pensiamo è qualcosa di davvero affascinante.”

“Si, la poesia richiede impegno, risponde Andrea Leonelli un assiduo navigatore del web, è difficile da leggere ed è come la magia, evoca, a volte evoca sogni, altre volte i demoni interiori che ognuno ha. E, come la magia, usa le parole per l'incantesimo: incanta. La poesia è la formula magica che il poeta-mago utilizza per risvegliare, tramite simboli vestiti di parole, quanto è nascosto nel lettore.” Quanto di più vero se nella prefazione al suo libro (op.cit.) Pietro Boitani inoltre avverte il lettore di essere “..stato guidato attraverso la ricerca d’una «poesia cosmica» del bello e del sublime, (..) articolato ma non infinito, del grande racconto che il cielo fa di se stesso, dei suoi moti e colori, delle forme e dei miti, del suo canto e della sua musica”...

“E coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”. (Friederich Nietzsche)

Cos'è la poesia noi tutti crediamo di saperlo: la poesia è parola, verso, musica, canto, danza, bellezza, ecc. tuttavia volendo speculare sul significato intrinseco del 'fare poesia', mi sento di assecondarla nel 'fare violenza', verbale s'intende, (ma non solo), poiché in fondo è questo che la rende 'viva' o quanto meno 'sentita', come dire, maggiormente 'vissuta', straordinariamente 'oltre' il senso della parola, così come va oltre il verso che la contiene, la musica che la diffonde, il canto e la danza che le danno forma, fino a raggiungere (quando la raggiunge) quella 'bellezza' che la rende sublime. Scrive in proposito sulle pagine de larecherche.it il poeta e critico Lorenzo Mullon:

“Per me la poesia, per come la vivo, è una tecnica per avvicinarsi alla realtà così tanto da poter saltare dall’altra parte. Avevo scritto un aforisma su questo, è esattamente quello che sento. Credo che noi tutti (quasi tutti, insomma...) la poesia non la sappiamo utilizzare pienamente, rimaniamo troppo spesso all’involucro delle parole, all’aspetto intellettuale. C’è qualcosa che non riesce a realizzarsi, e si riflette negativamente nelle nostre vite concrete. Un parto che non avviene, un parto senza partenza. Restiamo dalla parte meno interessante della scrivania. Da qui una certa noia, di cui parlano molti poeti, che mi sembra davvero incomprensibile, se non in questo inceppo esistenziale. Gravissima la perdita della tradizione orale, aver staccato la parola dal corpo è un crimine forse non del tutto inconsapevole. Ahhh, il progresso..”

¶ “Presente ed eternità stanno l’uno nell’altro, che è quello poi che Dante ci ha mostrato” - scrive il giovanissimo Alessandro D’Avenia in “L’arte di essere fragili” (Mondadori 2016), che consiglio vivamente di leggere così come di frequentare il suo blog ufficiale: alessandrodavenia@profduepuntozero.it – “La vita eterna prende forza dentro il tempo, comincia dal presente, è un futuro che si fa presente, è una qualità dell’esistenza. Dante lo mostra con le stelle. La fine di ogni cantica dantesca parla di stelle, a dimostrazione del fatto che il suo viaggio non riguarda l’aldilà e basta, ma l’aldilà nell’aldiqua, uno dentro l’altro. Il suo viaggio è un viaggio nel cuore di ogni uomo che ha i suoi inferni, purgatori e paradisi.”

Che è poi quanto di più concerne l’intento esplicito di questo articolo che con l’avvicinarsi del Natale vuole offrire ai lettori una selezione di ‘letture’ e di ‘ascolti’, con il solo scopo di favorire il vicendevole scambio di doni, come da sempre avviene in segno di amicizia e auspicio di fratellanza, quale simbolo augurale, significativo nei rapporti conviviali, di unione, di lieta dipendenza, o come segno di affabilità e di felicità reciproca, ed anche di stretta intimità che da sempre caratterizza il ‘tempo della festa’.

Non a caso l’Inferno del nostro massimo poeta si chiude con questo verso: “E quindi uscimmo a riveder le stelle.” (Dante ‘Commedia’ 34, 139 )

¶ Alla Commedia dantesca è dedicato il non trascurabile saggio “La Commedia senza Dio: Dante e la creazione di una realtà virtuale”, libro di Teodolinda Barolini (Saggi Feltrinelli 2013). La ‘Commedia’ è qui rivisitata in quanto fiction-letteraria come una geniale costruzione artistica in cui l’autrice esamina le strutture fondamentali della Commedia, scegliendo di illustrare ora alcune tecniche della manipolazione dantesca della narrativa per creare prospettive dialettiche entro il testo, ora le capacità di coinvolgimento del lettore, ora le modalità di rappresentazione dell’ineffabile. In questa lettura Dante, fabbro, artefice, poeta, è visto come creatore di ‘realtà virtuali’ piuttosto che di armonie fittizie.
“Questa la tesi dell’autrice che, proponendo una lettura deteologizzata, mette in luce i meccanismi narrativi, formali ed espressivi che contribuiscono a dare all’opera l’illusione della verità. Un percorso affascinante quanto rigoroso, sorretto da una solida informazione e da una conoscenza della Commedia fondata sulla concretezza del testo.” Assolutamente imperdibile è il capitolo 9 sull’ “Agiografia dantesca: la meditazione narrativa del cielo del Sole” per l’inerenza con l’articolo qui proposto. “Il progetto tematico del cielo del sole - scrive l’autrice in apertura del capitolo - è una riproposta in chiave di sapienza di ciò che Dante cerca di rappresentare e promuovere nel corso dell’intero Paradiso: un paradiso in cui la differenza è sufficientemente amalgamata all’uno da raggiungere pace e armonia, ma non abbastanza da perdere ciò che la rende tale, ciò che la rende differente..”

Teodolinda Barolini è una eccellenza della critica etteraria italiana, direttrice del dipartimento di Italiano della Columbia University di New York dove insegna Letteratura Italiana. È autrice di numerosi saggi e articoli sui massimi poeti e scrittori del Duecento e Trecento. Risale al 1993 la traduzione in italiano del suo primo libro “Il miglior fabbro2 (Bollati Boringhieri), uno studio sull’autobiografia poetica di Dante.

Propongo qui di seguito una 'poesia' di Flavio Ermini - Anterem Edizioni:

“Il cielo disabitato
diviene la propria negazione a in pari tempo se stesso
l’essere umano che nella caduta è divorato dalle ombre
quando accede al presente sui limiti di un precipizio
non essendo che un albero cresciuto su poca terra
connesso strettamente com’è alla fragilità di un’efflorescenza
che di carne e argilla è fatta nell’opaco fondo animale.”


¶ Con “Cieli celesti” (Fazi Editore 2016) Claudio Damiani ha scritto un libro in cui il suo pensiero filosofico si apre all’orizzonte della scienza. La chiarezza espressiva e la forma contemplativa dei versi, però, sono le stesse dei libri precedenti, quelle apprese dalla lezione dei latini e di Petrarca. Così come il ritmo continua a essere dialogante: il suo rivolgersi agli uomini, agli animali, alla natura, all’intera creazione come fossero tutti parte di una “comunità” – che poi significa capire quanto ogni cosa è indispensabile all’altra e che proprio questo è il “miracolo” di cui facciamo quotidianamente esperienza. Nel tempo della nostra vita, all’interno di un universo tanto vasto e tanto misterioso da sovrastarci e spesso spaventarci, Damiani percepisce un disegno – la rivelazione di un’intelligenza universale che illumina la mente – come una linea che scorre inesorabile lungo i secoli e i millenni. Di quella linea, l’essere umano, l’individuo, non è solamente un punto tra gli infiniti altri, ma è un nucleo di energia, un «quanto di tempo», scrive il poeta servendosi dei termini della fisica: è la possibilità che il disegno – un disegno che Dio, o qualcuno a cui abbiamo attribuito questo nome, ha pensato – si compia.
Come l’anello infinitamente piccolo di una catena infinitamente grande, la sua stessa esistenza determina il passato, il presente e il futuro dell’universo. Allora, il tempo dell’uomo non è mai veramente finito, e pure la morte è parte del disegno. Ed è necessario viverci, nel tempo, al massimo delle nostre possibilità, come il sole, che ogni giorno e ora «ha scaldato e illuminato / i corpi intorno, senza mai fermarsi». Cioè viverci anche in comunione con tutte le cose viventi – che in virtù di questo sono sacre –, scoprendo che siamo parte di una “continuità”, e che il nostro presente sarà il passato e la ragione di vita per chi verrà, così come noi siamo il futuro di quelli che sono stati, e che tutto il tempo è l’ “essere” stesso, cioè il senso del nostro stare e compierci nel mondo.

Damiani è tra le voci poetiche più originali e vere del nostro tempo, e in questo libro ci regala la più alta sintesi di un pensiero e di una forma espressiva che si vanno definendo nella perfezione raggiunta, ancor più fedele a se stesso, di una grande personalità letteraria a tutto tondo. «La sua voce ha un’autorità che supera i confini della letteratura… Senza essere per questo meno poeta, Damiani ci appare, in tutta naturalezza, come un segreto Maestro, qualcuno che indica una Via»- ha scritto di lui Giovanni Mariotti (Corriere della Sera).

¶ “Conoscere il carattere dell'oscillazione ... la lacerazione e la sofferenza, impone di rendere lieve tutto ciò che esiste, alleggerire il peso di vivere ... il carattere poetico dell'esistenza ...il sapere della bellezza.” – scrive Flavio Ermini direttore della rivista letteraria Entherem che ci propone una poesia di Stefania Negro tratta da 'Oscillazioni' - Collana Limina:

“Lo so di non essere immortale,
per questo divento il mare che spumeggia e incanta
nei suoi moti e s'infrange sulla riva,
il soleche è anelito di vita e illumina
i giorni e fiorisce sui nostri vasti
volti e sulle nostre labbra,
il vento che risuona
tra le fronde e spinge i flutti e crea le maree,
ogni carezza sulla mia pelle e ogni parola che
sappia ricordarmi di esistere e di esserci stata.”

Tuttavia c’è qualcosa che mi sfugge in questo Natale, che non riesco ancora a definire, come una lucida apprensione che mi fa levare con affanno lo sguardo verso il cielo, a ‘quella stella’ di cui vi ho parlato fin dall’inizio; un desiderio che mi fa cercare le piccole emozioni di sempre, quel sentimento di speranza che pure affronta ‘l’infinito’ e che come il poeta Leopardi …”sempre caro mi fu … e mi sovvien l’eterno”, e che ritrovo nella poesia che vi ripropongo:

“Dagli albori dei tempi, nascondi la verità,
con ingannevoli lusinghe e sfaccettature.
Non udisti, non vedesti, ma inaspettata giunse la tempesta.
Non è la tenebra, ma la luce, quella sottile attrazione che ti spinge
a gaurdare oltre il sipario.
Svuotiamoci dal torpore che inibisce il nostro risveglio.
Oltre le vesti il cuore, donando, amando.
Dentro quel silenzio che nulla toglie alla bellezza che noi tutti,
nel confronto visuale delle Sue opere, ci portiamo dentro.”
(Vittoria Marziari-Donati 'Catalogo delle opere' 2015)

¶ “Giacomo Leopardi: L’incanto e il disincanto” di E. Boncinelli e G. Giorello – Guanda 2016. Dalle liner notes de “Il Libraio” Dicembre 2016 www.illibraio.it sulle novità editoriali degli editori che vi aderiscono, apprendo dell’uscita in libreria di questo interessante lavoro di Edoardo Boncinelli e Giulio Gioriello, i quali indagano la vita e le opere di Giacomo Leopardi da una prospettiva anticonformista e vi: “scoprono un uomo malinconico, ‘scontroso’ e ‘ribelle’, dotato di raffinata ironia, appassionato sin da ragazzo alla conoscenza e affascinato dalle scoperte di Galileo e Newton. Ma, soprattutto, emerge il filosofo coraggioso, capace di una visione del mondo scevra di ogni aspetto consolatorio, libera dall’ossessione di Dio e del senso di colpa; un filosofo così rivoluzionari da intuire che la pretesa umana di essere al centro del creato è un inganno e la sua supremazia sulla natura un arbitrio. Una figura che smaschera le illusioni della politica e individua nella Storia le radici dei mali che ancora oggi affliggono l’Europa”. Si tratta di un ennesimo riscontro dell’adeguatezza al presente di Leopardi che amplia la sua già corposa biografia e ne fa un precursore della modernità cui attendiamo.

Giulio Giorello è ordinario di Filosofia della scienza all’Università degli Studi di Milano, e collabora con il Corriere della Sera. Edoardo Boncinelli, genetista, è professore di Biologia e Genetica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, collabora a Le Scienze e al Corriere della Sera.

¶ Se è vero che nei libri passa la modernità della vita, nella ‘poesia’ passano tutte le vie di fuga che abbiamo escogitato nella ricerca di quella realtà che la ‘filosofia’ spesso nega. In “La poesia del Novecento: dalla fuga alla ricerca della realtà” (Giuliano Ladolfi Editore 2015) guarda alla tutela del patrimonio socio-culturale con particolare attenzione, principalmente – come l’editore stesso afferma – “..di fronte all’attuale emarginazione della poesia contemporanea dal mondo della scuola, delle università, della distribuzione e del circuito massmediatico, nel tentativo di restituire dignità a quest’arte che per quattro millenni è stata strumento di civiltà e cibo di umanità”. L’intera raccolta poetica si presenta come il primo tentativo, dopo più di vent’anni di studio, di raggruppare in un’opera organica i numerosi ‘saggi’ pubblicati sulla rivista «Atelier – pubblicazione trimestrale di letteratura, poesia e critica» e dedicati alla Poesia Italiana dal Novecento ai nostri giorni, suddivisa in 5 volumi ordinati per categorie nell’intento di conferire al lettore linee di comprensione di un fenomeno sfuggente a causa della difficoltà ad essere inquadrato in categorie.

L’edittore infatti, avverte la necessità che la sua interpretazione venga supportata da due elementi fondanti: “..una personale concezione estetica e una visione che dallo sviluppo della civiltà trovi linfa e motivazioni; (..) come pure da una militanza in grado di attivare energie giovanili e di coinvolgerle in un progetto di rinnovamento della poesia, della narrativa e della critica italiana, (..) la concezione autoreferenziale e ludica della poesia, nel rifiuto dello scetticismo, nella concezione della poesia come originale interpretazione del reale, nella consapevolezza della fine del ‘novecento’ e nel rapporto con i maestri della tradizione che stanno compiendo una vera e propria rivoluzione mediante una serie di raccolte di versi destinate a tramandare ai posteri il volto della nostra martoriata epoca. In questa raccolta infatti, sono inseriti gli studi su un gruppo di poeti che hanno pubblicato dagli anni ‘70 fino al 2014, i quali, nel superamento delle maniere avanguardiste e sperimentaliste, hanno cercato e stanno cercando nuovi approdi che inducono a sperare in una prossima fiorente stagione della poesia italiana.” L’intera collana è reperibile presso l’editore g.ladolfi@alice.it

“Capire i linguaggi umani, imperfetti e capaci nello stesso tempo di realizzare quella suprema imperfezione che chiamiamo poesia, rappresenta l’unica conclusione di ogni ricerca della perfezione”. (Umberto Eco)

¶ A comprendere i linguaggi umani ci aiutano Stephanie Marango e Rebecca Gordon rispettivamente medico olistico e astrologa, nel loro “Il Corpo e le Stelle” – (Corbaccio 2016) con questo manuale che utilizza i segni zodiacali come una mappa del benessere psico-fisico, con un approccio rivoluzionario basato appunto sulle costellazioni. E che mostra la connessione che ciascuno di noi ha con il cosmo. Aiuta a ‘sentire’ in modo corretto il proprio corpo in un contesto più ampio e favorisce i processi di guarizione. Dopo aver spiegato in termini generali le stelle in rapportosia all’astrologia sia al corpo umano, ogni capitolo si sofferma su una zona particolare del corpo in associazione a un segno zodiacale. È, a ogni parte del corpo, dedica un programma specifico da seguire per mantenersi in buona salute da tutti i punti di vista: fisico, mentale, emotivo. (Il Libraio Dicembre 2016). www.illibraio.it

Ma ècco giunto il momento di salutarci, mi sono dilungato molto lo so, ma chissà, forse qualcuno mi dirà se ne è valsa la pena. Se in fine sono riuscito a tenervi informati e, soprattutto, ad impigliarvi nella matassa delle suggestioni, poiché questo era l’intento.

“Forse il tempo a disposizione mi è parso troppo breve non a causa della mia ormai veneranda età, ma perché quanto più vecchi si diventa tanto più si impara che, per quanto grandi i pensieri possano sembrare, non lo saranno mai abbastanza da inglobare, e tanto meno trattenere, la munifica prodigalità dell'esperienza umana. Non è forse vero che una volta che è stato detto tutto sulle più importanti questioni della vita umana, rimangono ancora da dire le cose più importanti?” (ZYGMUNT BAUMAN - ‘L’ARTE DELLA VITA’ ).
Tempo in cui si esprime il ‘senso’ del quotidiano vivere comunitario, e del ‘meraviglioso’ reciproco scambio augurale di ‘pace’ e rinnovata ‘speranza’. Lo so, posso essere sembrato un buonista dell’ultima ora, per quanto credo fermamente che volersi bene alleggerisce e in qualche caso annienta voler fare del male a noi stessi e agli altri. Che volete, io sono fatto così, credo inoltre ad un “Meraviglioso quotidiano” che, nel bene e nel male, illumina la starda che insieme percorreremo:

“Meraviglioso quotidiano”
(Carlos Sanchez da “La poesia, le nuvole, e l’aglio”, Edizioni Librati 2009):

“In questa vita dove tutto sembra così reale
il tuo canto si accumula nella materia grigia
nella punta delle dita delle tue mani
e questo sembra ugualmente molto normale.
Il vento che non muove una foglia
il cielo incerto con le sue nuvole
l’orologio che ha perso l’equilibrio
la gatta partoriente che geme
la mia signora che legge un libro di filosofia
il figlio che brilla per la sua assenza
la televisione che non si accende
il rubinetto col suo irritante sgocciolare
l’uccello e le briciole di pane
la vicina col suo tappeto sul balcone.
Tutto sembra così normale dicevo
in questo meraviglioso quotidiano.”

Ed ecco! Il dono che avevo in serbo per tutti Voi è giunto appena in tempo: facciamo anche noi in modo di poter cantare un giorno che ‘la guerra è finita e che la pace è ristabilita nel mondo’. Uniamoci dunque al coro, in ossequio al grande poeta scomparso Leonard Cohen, con questo straordinario “Hallelujah”:

"Now I've heard there was a secret chord
That David played, and it pleased the Lord
But you don't really care for music, do you?
It goes like this
The fourth, the fifth
The minor fall, the major lift
The baffled king composing Hallelujah
Hallelujah , Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Your faith was strong but you needed proof
You saw her bathing on the roof
Her beauty and the moonlight overthrew you
She tied you
To a kitchen chair
She broke your throne, and she cut your hair
And from your lips she drew the Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
You say I took the name in vain
I don't even know the name
But if I did, well really, what's it to you?
There's a blaze of light
In every word
It doesn't matter which you heard
The holy or the broken Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
I did my best, it wasn't much
I couldn't feel, so I tried to touch
I've told the truth, I didn't come to fool you
And even though
It all went wrong
I'll stand before the Lord of Song
With nothing on my tongue but Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah!"

“Ho sentito che c’era un accordo segreto / Che David suonava, e piaceva al Signore/ Ma non è che ti interessa la musica, vero? / Fa così / La quarta, la quinta / Minore diminuita, maggiore aumentata / L’imperscrutabile re compone l’Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
La tua fede era forte / ma avevi bisogno di prove / L’hai vista farsi il bagno sul tetto / la sua bellezza e la luce della luna ti sconfissero / Ti ha legato / alla sedia d’una cucina / Ruppe il tuo trono, / e tagliò i tuoi capelli / E dalle tue labbra delineò l’Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Dici che ho preso il nome invano / Non lo conosco neanche il nome / Ma se lo conoscessi, bè, davvero, / cosa significa per te? / C’è un incendio di luce / In ogni parola / Non importa quale hai sentito / L’Hallelujah santo o quello stentato
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Ho fatto del mio meglio, non è stato molto / Non riuscivo a “sentire”, / così ho provato a toccare / Ho detto la verità, / Non sono venuto a raggirarti / E anche se / Fosse stato tutto sbagliato / Starò dritto davanti al Signore della canzone / Solo con l’Hallelujah nella mia bocca
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah!”

Termina qui il nostro excursus nella ‘musica per una festa’ che ho avuto il piacere di regalare a tutti voi ‘Poeti’ de larecherche.it per questo Natale, nella speranza che il messaggio, solo apparentemente banale, d’un pur semplice cantare, possa fare qualcosa per alleggerire il peso in un momento di recessione come quello che stiamo vivendo, e che le difficoltà non esistono per chi sa cantarle o interpretarle con un verso. La ‘poesia’ non porta gli allori ma indubbiamente può far molto per alleviare la pena di questa esistenza straordinaria che ha del ‘meraviglioso’ solo per il fatto che c’è.

Auguri vivissimi dunque per un Felice Natale e un migliore Anno Nuovo.


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